RASSEGNA STAMPA

LIBERAZIONE - Diaz: i poliziotti si sono dedicati prima alla mattanza e poi alla falsificazione di prove

Genova, 11 luglio 2008

Oggi il capitolo dedicato alle false molotov, lunedì ci sarà la richiesta pene per Bolzaneto
Diaz: i poliziotti si sono dedicati prima alla mattanza e poi alla falsificazione di prove

Checchino Antonini
Genova (nostro inviato)
«Dal fiume delle testimonianze alle acque paludose delle dichiarazioni degli imputati». L'immagine scelta dal pm Enrico Zucca per descrivere il sommario della quarta udienza dedicata alla requisitoria Diaz, è una rara concessione all'eloquenza dopo ore e ore dedicate alla puntigliosa analisi di testimonianze e prove per ricostruire la mattanza cilena avvenuta tra il 21 e 22 luglio di sette anni fa nella scuola genovese dove dormivano alcuni dei partecipanti alle giornate del social forum.
Riassunto delle puntate precedenti: 93 persone, 62 delle quali pestate di botte con lesioni gravissime, furono arrestate per devastazione, saccheggio e resistenza nell'ambito di quella che venne definita una «normale perquisizione».
Quegli arresti non sarebbero mai stati convalidati e 29 tra pezzi grossi e semplici agenti finiranno sotto processo per le violenze e gli arresti. La totalità dei picchiatori in divisa, che agirono travisati, la farà franca grazie alla copertura offerta dal Viminale che non ha collaborato alle indagini. Candidamente lo stesso Manganelli, successore di De Gennaro, risponderà a un legale delle difese che non ci fu alcuna indagine interna per individuare gli aggressori. I 29, addirittura, sono stati tutti promossi. De Gennaro, accusato di aver indotto il questore di Genova dell'epoca a testimoniare il falso, è divenuto il Negroponte italiano capo dei servizi segreti.
E tutto ciò senza alcuno scandalo da parte della politica (anzi uno dei ministri di Berlusconi, La Russa, è nel collegio difensivo) che sembra non prestare alcuna attenzione (con l'eccezione dei soliti rifondaroli) alla requisitoria-fiume pronunciata nell'aula bunker del palazzo di giustizia genovese. Ieri, la pubblica accusa è tornata sulla «normale perquisizione».
In particolare sulla fase finale, la "bonifica" (ternine mutuato dall'arte militare), che è stata definita tutt'altro che quell'«atto di polizia giudiziaria» millantato dalle versioni ufficiali ma un vero e proprio «inquinamento di prove», «corruzione e pervertimento delle funzioni di polizia». Sconcertante la mancanza di attribuzione dei reperti probatori - è stato ricordato l'ammasso di zaini, vestiti e attrezzi trafugati al cantiere aperto nella scuola - agli arrestati che, almeno quelli in grado di farlo - furono ammassati anche loro, gambe incrociate e sguardi bassi, se no altre manganellate. Sconcerta i pm anche la devastazione, da parte dei pubblici ufficiali, di vetrine, materiale didattico e computer. Queste le premesse per introdurre il «percorso non agevole tra le dichiarazioni dei sottoscrittori dei verbali». Ne furono redatti 2, uno per gli arresti firmato da 15 poliziotti e l'altro per la perquisizione siglato da 9 di loro. Poche firme rispetto alla dimensione del blitz. La «valutazione di sintesi» che ne fa Zucca «sta tutta nella sconcertante constatazione che nessun elemento è stato fornito a sostegno delle operazioni descritte». Quei verbali sarebbero un cumulo di bugie sottoscritte da funzionari che non avrebbero mai confermato quanto descritto in quelle carte, personaggi marginali o addirittura estranei a quelle operazioni, uno dei quali - «macchia indelebile» nemmeno sarà mai identificato, Tanto che il capo della mobile di Spezia prenderà le distanze da un atto di cui i suoi ragazzi sono il gruppo più numeroso di firmatari.
Verbali fatti anche male, scorretti: «Irrecuperabile la personale attibuzione delle fasi dell'operazione». Ma, come non fu un errore l'irruzione abusiva nella scuola di fronte, la sede del Gsf, anche qui fu «armonica la convergenza delle alterazioni dei dati». Fu un falso in atto pubblico. E neppure è vero che gli arrestati furono presi tutti nella scuola, e che sarebbero stati edotti del diritto di scegliere tra i presenti una persona di fiducia che li assistesse nella perquisizione. Suona paradossale che avrebbero dovuto scegliere uno dei robocop che li aveva pestati pochi istanti prima. Ai cancelli, negli stessi momenti, il portavoce del capo della polizia dell'epoca sbarrava «bruscamente» la strada a legali e parlamentari.
E nella scuola di fronte uomini in borghese trafugavano i computer dei giuristi democratici. Oggi il capitolo dedicato alle false molotov mentre lunedì ci sarà la richiesta pene per Bolzaneto e, il giorno successivo, inizierà la settimana di iniziative per il settimo anniversario dell'omicidio di Carlo Giuliani e delle violenze inaudite sui trecentomila che contestavano il G8. Proprio in questo incrocio di scadenze, mercoledì, sapremo le pene che i pm chiederanno per i 29 imputati della Diaz.